- Home
Featured
Featured
LA COMUNITA'
Da sinistra: padre Massimo Sbaraini, padre Roberto Petissi, padre Pierluigi Piubello, padre Marco Repeto, padre Giuliano Gazziero, padre Michele Nicolis, ch. Fabio Ciaponi, padre Samuele Berta, padre Giacomo Facchini, ch. Marco Tommasi, ch. Eros Zanoletti
I DEPUTATI
da sinistra: padre Giacomo Facchini, padre Massimo Sbaraini, padre Michele Nicolis, padre Samuele Berta, padre Roberto Petissi.
Featured
Omelia del Vescovo Domenico
Verona, Filippini, 13 marzo 2023
Lunedì della III di Quaresima in occasione IV centenario della canonizzazione S. Filippo Neri
(2Re 5,1-15a;Sl 42-43; Lc 4,24-30)
“Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele”. Per bocca di un pagano come Naaman il siro, potente generale del re di Aram giunge a chiarezza la convinzione che solo il Dio d’Israele è vivente. Perciò il profeta Eliseo gli concederà di portare con sé un po' della terra d’Israele, come sacramento della presenza del Dio vivente. Ciò spiega l’inefficacia dei mezzi umani (le lettere di raccomandazione, le grandi ricchezze, l’attesa di un gesto magico) e la piccolezza dei mezzi usati invece da Dio (una giovinetta ridotta in schiavitù, una parola detta tramite un messaggero, un bagno nelle acque del Giordano); così come Dio ha utilizzato questi piccoli mezzi, così non fa a meno d’Israele e oggi dei credenti. Questa fiducia in Dio e questa sfiducia nell’uomo è la forza di san Filippo Neri che ha segnato di sé la religiosità di un popolo come quello di Roma, grazie ad una esperienza di vita centrata su Dio e portata a ridicolizzare la pretesa umana. La bizzarria, il ridicolo e la presa in giro non sono per Filippo un semplice espediente retorico, ma una sua personale convinzione rispetto all’esistenza umana che è tutta da ridere a prenderla sul serio.
“C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu purificato se non Naaman il Siro”. Il brano evangelico richiama l’episodio di Naaman perché diventa il simbolo della scelta degli ultimi che Dio fa a dispetto delle attese umane che sembrano voler vincolare la sua presenza a particolari manifestazioni di potenza. Anche S. Filippo fu osteggiato e criticato e dovette subire un processo in grande stile sotto Pio V, anche se sotto il successore Gregorio XIII ebbe modo di riacquistare credibilità, anche grazie al personale incoraggiamento di san Carlo Borromeo. In realtà, la sua profonda convinzione era che la fede cristiana non fosse una cosa complicata, astratta e dovesse coinvolgere anche emotivamente la persona. Lo si ricava chiaramente dalla proposta, rivolta ai preti della sua Congregazione di preti e di chierici secolari chiamata Oratorio. In esso la regola era costituita dal contatto diretto e vivo con Filippo e dalla frequenza del convitto. L’ufficio dell’oratorio consisteva essenzialmente nel trattare la parola di Dio in modo facile, piano, diverso dallo stile ordinario delle prediche cosicché il suo tratto peculiare rimase annunciare il Verbum Domini. Il ministero che Filippo aveva soprattutto a cuore era la cura dei malati negli ospedali; inoltre egli prese ad applicare i discepoli all’insegnamento del Catechismo dei fanciulli.
Un grande amico oltre a S. Carlo Borromeo, fu s. Felice da Cantalice, frate cappuccino. In mezzo ai gravi problemi della prima urbanizzazione di Roma non fa il tribuno, ma si mette a circolare per le strade e trova sempre il modo di coinvolgere e di chiamare la gente al vangelo. Dobbiamo essere gente leggera e non pesante; ci sono già troppe Cassandre in giro. Ci vogliono cristiani, come Filippo e Felice, che non si nascondono dietro i problemi ed aiutano ad affrontarli senza drammi.